Per tenere in salute le nostre strade nel 2016 sono stati impiegati solo poco più di 22 milioni di tonnellate di asfalto (conglomerato bituminoso) pari a circa la metà della quantità che servirebbe per le necessarie attività di manutenzione, e metà della quantità utilizzata nel 2006, con la differenza che oggi la rete stradale è molto più estesa, trafficata e in condizioni critiche, e sono troppi i disagi per gli utenti della strada.
Eppure nel 2016 sussistevano diverse condizioni favorevoli per rimettere in sesto e in sicurezza la rete stradale: il sensibile calo del prezzo del petrolio sui mercati mondiali, l’allentamento del patto di stabilità per le Pubbliche Amministrazioni, l’immissione di denaro da parte della BCE e il rilancio degli investimenti in manutenzione da parte dell’ANAS.
Il mancato investimento in manutenzione stradale di 10 miliardi di euro negli ultimi 8 anni ha creato un tale danno che oggi, per riportare la rete viaria ai valori qualitativi standard del 2006, occorrerebbe una spesa almeno 4 volte superiore (stime eseguite da SITEB).
Il continuo rinvio dei lavori necessari e il mancato rifacimento periodico dei “tappetini d’usura” superficiali ha determinato in diverse parti del Paese spaccature e infiltrazioni d’acqua sulla superficie stradale, che hanno compromesso molte strade fin dalle fondamenta, rendendo necessari costosi lavori straordinari in profondità, non sostituibili da cosiddette “operazioni tappa buche”, destinate a durare solo poche ore.
Ricordiamo i tre gravissimi cedimenti stradali degli ultimi mesi: il viadotto della tangenziale di Fossano, in provincia di Cuneo (18 aprile 2017, nessuna vittima), il ponte lungo l’autostrada A14 Adriatica all’altezza del chilometro 235 tra Camerano e Ancona Sud (9 marzo 2017, 2 morti e 2 feriti), il cavalcavia sulla provinciale 49 Molteno-Oggiono, all’altezza del chilometro 41,9 della superstrada Milano-Lecco (28 ottobre 2016, 1 morto e 4 feriti). Quante vittime si dovranno ancora contare prima che la manutenzione delle strade diventi un impegno costante per le istituzioni?